Promozione - 21 novembre 2018, 15:06

INTERVISTA ESCLUSIVA - Alessandro Manetti: "Vi racconto il mio calcio"

Il nuovo allenatore dell'Arenzano fra presente, passato e futuro: "Ho giocato con Batistuta, Zidane, Weah, Baggio e Signori. Ma fra Ronaldo il fenomeno e CR7 non c'è neanche paragone. Alla mia squadra insegnerò cosa fare quando abbiamo la palla noi e quando ce l'hanno gli altri, senza inventare nulla. Non sono Mourinho e chi mi ha preceduto non era Oronzo Canà"

INTERVISTA ESCLUSIVA - Alessandro Manetti: "Vi racconto il mio calcio"

L'Arenzano ha scelto Alessandro Manetti. E noi non potevamo farci sfuggire l'occasione di intervistare l'ex giocatore professionista che abita da vent'anni ormai in Liguria, da quando per tre stagioni ha vestito la maglia del Genoa.

Ne è nata una chiacchierata a tutto tondo, che spazia da Ronaldo (il fenomeno) all'Ospedaletti, primo duro scoglio da affrontare.

“Abito ad Arenzano, dal 99, mia moglie è di Arenzano, qui ho acquistato casa, qui ho una attività commerciale, mi sento arenzanese a tutti gli effetti”.

Classe 72, dopo una lunga carriera fra Lazio, Mantova, Acireale, Verona, Genoa, Venezia, Padova, Alessandro ha chiuso la carriera in serie D con le maglie di Alessandria e Derthona (stagione 2007/2008) dove ha iniziato la carriera di allenatore dopo la rottura del crociato.

La sua prima squadra da allenatore in Liguria è stato il Borgorosso Arenzano, dove iniziò con gli Allievi prima di subentrare a Crovetto in Serie D.

“Poi sono stato un po' fermo -racconta- tranne una esperienza alla guida della rappresentativa ligure dei Giovanissimi. Io ho una attività commerciale ad Arenzano che mi tiene impegnato, e poi ci sono state alcune cose che mi avevano un po' allontanato dal calcio, comportamenti che non mi piacevano, sono rimasto spiazzato da alcune decisioni, sono arrivato a un passo dall'allenare nel settore giovanile di una squadra professionistica poi è saltato tutto in una maniera poco chiara”.

Insomma, c'è stato qualcosa che ha tenuto lontano Manetti dal mondo del calcio per un po'...

“Anche a livello dilettantistico, certi tipi di rapporti non mi piacevano, dopo 20 anni di professionismo non me la sentivo di aver a che fare o ricevere lezioni da gente improvvisata, con parliamo lingue diverse. E siccome per me, oggi, il calcio è una cosa in più, se trovo i presupposti bene altrimenti sto fermo”.

Manetti ad oggi potrebbe allenare fino alla Serie C, mentre per avere il patentino di A e B dovrebbe frequentare il master che al momento non è nelle sue priorità.

Cosa ti ha spinto ad accettare la proposta dell'Arenzano?

“Hanno fatto una buona opera di convincimento, ed essendo un impegno non tanto gravoso, conoscendo qualche ragazzo, la voglia c'era, insomma ho detto si...”

Come hai trovato l'ambiente e la squadra?

“Conosco già qualcuno in società, ringrazio la dirigenza per avermi dato questa opportunità e ne sono onorato visto che abito qui ad Arenzano. Ieri ho fatto il primo allenamento, certo un conto è prendere la squadra a luglio, un altro è entrare in corsa. Domenica li ho visti a Loano, ma devo capire il reale livello della categoria. Domenica mi aspetta subito un inizio forte con Ospedaletti (allenato da un altro ex prof, Alan Carlet), e devo capire fisicamente come stanno i ragazzi, non posso spingere sull'acceleratore”.

Arrivi con una mentalità da professionista:

“E' difficile calarsi nella mentalità dei dilettanti, io dò per scontate alcune cose che per altri sono fantascienza... Noi ci alleniamo martedi, giovedi, venerdi ma ho tre ragazzi che il venerdi non si possono allenare. Cosi li alleno di mattina da soli per non far loro perdere il ritmo, però mi vengono a mancare per le situazioni tattiche del venerdi pomeriggio...”

Cosa porterai della tua esperienza in serie A?

“Arrivando dai professionisti, quello che posso fare è portare le mie conoscenze. Io sul campo ci sono passato vent'anni prima di loro. Ma questo non vuol dire che prima di me ci fosse Oronzo Canà e io sia Mourinho, anzi. Chi c'era prima di me era sicuramente un buon allenatore, sicuramente qualcosa non è andata bene. Il mio obiettivo è uno solo: che i miei giocatori sappiano cosa fare quando abbiamo la palla noi e cosa fare quando hanno palla gli altri, stop”.

Come giocherà la tua squadra?

“Io devo cucire il vestito con la stoffa che ho, mi piacciono le squadre che sappiano cambiare pelle, cambiare modulo anche partita in corso, io gioco a 4, ma posso giocare a 3. Per vedere un'impronta di gioco ci vorrà un mesetto, nel frattempo vedremo di fare meno danni possibile...”

Parlaci della tua serie A:

“Il mio punto più alto fu l'anno a Verona con il gol alla Fiorentina, fu il gol vittoria al 90'. Non era la Serie A di adesso, era il periodo delle “sette sorelle” c'erano Rui Costa, Batistuta, Baggio, Weah, era il Milan di Sacchi e Tabarez, la Juventus di Lippi e Zidane, l'Inter di Ronaldo...”

Ieri abbiamo visto una Nazionale con tanti semi-sconosciuti, che ne pensi?

“La nazionale di ieri indica che la qualità è scemata. Ricordo i tempi di Sacchi, una volta c'erano i blocchi di Juve, Milan, Inter, oggi in Nazionale ci arriva chiunque, da Zaniolo che non hai mai giocato, a Tonali che gioca in Serie B, a Grifo che gioca in Germania. Prima queste cose non succedevano, per vestire la maglia azzurra come minimo dovevi aver giocato 4 campionati in A. Forse da un po' di anni si sta sbagliando qualcosa a livello di settore giovanile. Andare all'estero a prendere tanto per prendere, solo perchè i giocatori costano meno, ha poco senso”.

Cosa ricordi del tuo periodo al Genoa:

“Ho fatto 3 campionati e mezzo, con tantissimi allenatori: prima Cagni, sono arrivato per lui che avevo a Verona, poi Delio Rossi, Bolchi, Guido Carboni, Scoglio, Onofri. Erano gli anni di Scerni e Dalla Costa, ai tifosi che oggi si lamentano di Preziosi dico che dovrebbero pensare a certe stagioni passate. Con Preziosi hanno fatto 15 anni di Serie A, devono guardare il bicchiere mezzo pieno. E poi non mi pare ci sia la fila di acquirenti...”

Domenica c'è il derby, tu che ricordi hai?

“Ricordo un derby vinto 1-0 con un mio assist da calcio d'angolo per Carparelli, che segnò di testa sotto la Nord, in panchina c'erano Bolchi e Ventura”.


Chi è stato il più forte di tutti?

“Dico Baggio, Weah, Signori, Batistuta, Ronaldo, Nedved”.


Luis Nazario Ronaldo o Cristiano Ronaldo?

“Per favore, non c'è paragone! Il Fenomeno faceva un altro sport, era leggermente sovrappeso ma aveva una tecnica formidabile, ora in CR7 vedi l'atleta con un fisico costruito ma niente a che vedere con il primo Ronaldo”.

L'allenatore migliore per te?

“Cesare Prandelli, che ho avuto a Verona, faceva un calcio spettacolare, Scoglio studiava benissimo le partite, anche se era opinabile la sua gestione del gruppo. Delio Rossi era il figlioccio di Zeman, molto integralista nei primi tempi poi è diventato più elastico”.

Sei rimasto in contatto con qualcuno dei tuoi tempi?

“Difficilmente ho rancori, ma evito anche le smancerie inutili di questo mondo. Sono rimasto molto legato a Marco Quadrini, ex Roma e Genoa, di cui sono stato anche testimone di nozze”.


Paolo Dellepiane

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