Serie C - 19 febbraio 2019, 15:13

L'INTERVISTA - A tu per tu con Claudio Bellucci. Dalla doppietta all'Arsenal alla panchina dell'Albissola

Presente, passato e futuro dell'ex giocatore blucerchiato, chiamato oggi a salvare la matricola del patron Giampiero Colla: "Non ho mai fatto pesare il fatto di aver giocato in Serie A, ora voglio crescere come allenatore magari restando in questa società. Se penso alla Sampdoria penso a Mancini, ancora oggi ho soggezione a incontrarlo: è uno dei tre migliori calciatori della storia per eleganza"

L'INTERVISTA - A tu per tu con Claudio Bellucci. Dalla doppietta all'Arsenal alla panchina dell'Albissola

Claudio Bellucci, idolo incontrastato della tifoseria blucerchiata, oggi allena l'Albissola, nel girone A di Serie C. Subentrato a Fabio Fossati, a lui il compito di portare alla salvezza la matricola savonese.

Andiamo a intervistarlo, passando dal presente al suo grande passato, ricco di aneddoti e curiosità.


Claudio, prima di tutto un commento sulla stagione dell'Albissola:

“Una stagione finora positiva. Sono arrivato all'ottava giornata, le cose non andavano bene, ora abbiamo 21 punti fatti in un girone praticamente. Personalmente sono soddisfatto anche se dobbiamo continuare a lottare”.


Come valuti le vostre prospettive di salvezza?

“Innanzitutto, vorrei dire che da questa situazione vergognosa del Pro Piacenza siamo stati danneggiati, perchè noi con loro avevamo vinto. Oltre a non pagare gli stipendi avevano una squadra forte, cosa ancora più grave, non so come hanno fatto a costruirla con queste premesse, pensiamo solo che avevano Ledesma, l'ex capitano della Lazio. Noi siamo una delle squadre che avevano vinto con loro, ci restituiranno quei 3 punti nel girone di ritorno, ma il discorso non cambia. Le nostre prospettive non cambiamo, l'obiettivo è salvarci direttamente e lo possiamo fare, da come eravamo messi all'inIzio abbiamo fatto solo passi avanti”.

Parlaci dell'Albissola:

“E' una società in forte crescita. In Liguria oggi dopo Samp e Genoa abbiamo l'esempio incredibile dell'Entella, ecco spero che la stessa crescita possiamo averla noi. L'Entella è gestita da un personaggio incredibile come Gozzi. Il nostro patron Colla ha una personalità differente, il tempo ci dirà se potrà avere gli stessi risultati di Gozzi. Hanno un approccio diverso col calcio, Colla lo vive in prima persona, ha un grande attaccamento alla squadra, quasi come un tifoso. Gozzi come atteggiamento mi ricorda molto Paolo Mantovani”.


Claudio, un commento sulla Serie C, e sulle situazioni assurde che l'hanno caratterizzata in questa stagione:

“Stiamo vivendo una situazione assurda: l'Entella che ora deve fare 8 partite in un mese, la Pro Piacenza che è fallita, 8 squadre che avevano un passato in serie B, di cui 4 avevano già fatto la squadra per la B di quest'anno, le penalizzazioni... Mi metto nei panni di un ragazzo che si approccia al professionismo ed ha avuto la sfortuna di capitare nel girone A di serie C... La colpa è di tutti tranne di noi giocatori e allenatori. Penso a Giannichedda, che ha iniziato con la Pro Piacenza e ora è fermo... Si ha la sensazione che questo campionato sia abbandonato a se stesso. Io agli esordi ho giocato in Serie C a Fiorenzuola, ma allora la C era un'altra cosa. Il punto è che le regole ci sono ma non sono rispettate, siamo nel paese dei balocchi, fatta la legge trovato l'inganno... In Italia siamo campioni del mondo nell'elusione delle regole, nelle altre nazioni se non paghi gli stipendi sei fuori!”


Claudio, tu hai giocato in serie A. Per diventare un bravo allenatore è fondamentale, o importante, essere stato un giocatore professionista?

“Se fai l'allenatore a certi livelli, esser stato giocatore può aiutare a capire certe dinamiche. Faccio un esempio, io so cosa prova un attaccante in campo se sbaglia un gol, un portiere se ne subisce uno per colpa sua. So come agevolare un mio giocatore se devo fare una scelta, nei momenti di gioia e di difficoltà riesco ad avere empatia con chi è in campo. Chi ha giocato nelle categorie minori non ha provato certe situazioni. Ma sia chiaro, io non ho mai fatto leva sul fatto che ho giocato in serie A”.


Quali sono i tuoi obiettivi futuri?

“Io cerco di crescere ancora, ho fatto per 6 anni i settori giovanili che sono stati per me una grande scuola, ho imparato tantissimo, ma ora vorrei migliorarmi. Quando nello staff di Zenga mi sono occupato della fase di possesso palla mi sono reso conto che potevo gestire anche gli adulti. Ecco ora vorrei una crescita graduale, perchè no magari nella stessa società in cui sono oggi”.


Parliamo un po' del tuo periodo alla Samp. Per tutti il tuo nome è legato a quella doppietta all'Arsenal in Coppa delle Coppe. Sinceramente, fu più la gioia della doppietta o la delusione per l'eliminazione dalla finale?

“Mi sono reso conto solo tre giorni dopo cosa avevo fatto perchè la gente mi salutava per strada anche se non la conoscevo. Li per li è prevalsa la gioia per i due gol in Europa, poi è subentrato lo scoramento: se fossimo andati in finale con il rientro di Gullit l'avremmo vinta sicuro, se pensiamo che poi la vinse il Saragozza, una squadra normalissima, mentre noi avevamo Zenga, Mannini, Mihajlovic, Jugovic, Mannini, Ferri e Mancini...”

Arsenal a parte, qual è il ricordo più bello con la Samp?

“Il primo è l'esordio in semifinale di Coppa Italia, a Pisa Eriksson mi fece calciare uno dei rigori e presi la traversa, ma san Pagliuca ne parò 3, andammo in finale e vincemmo con l'Ancona. Poi ricordo il primo gol in serie A con il Cagliari a Marassi, finì 5-0, la mia prima di titolare con un attacco Bellucci-Gullit-Mancini”.

Hai giocato con grandi campioni, su tutti Cassano e Mancini, parlaci di loro:

“Roberto Mancini è un grande, sono cresciuto sotto la sua ala e quando lo incontro ho ancora soggezione, mi emoziona, perchè Mancio è la Sampdoria. Antonio fa parte della storia della Samp e ha fatto divertire la gente. Mancini mi ha fatto crescere da ragazzino fino all'Arsenal. A livello tecnico come eleganza metto Mancini nei primi tre giocatori della storia del calcio italiano. Antonio e Roberto erano accomunati dalla grande voglia di fare assist per i compagni. Mancini era più bomber di Cassano”.


Come vedi Mancini in Nazionale?

“Roberto ha riportato nell'opinione pubblica il grande rispetto per un allenatore della Nazionale, cosa che c'era prima con Conte e con Ventura si era un po' persa. Il ruolo di CT va gestito con personalità, da allenatori e personaggi carismatici come Mancini, sennò diventa bersaglio continuo di critiche, Ventura ha fatto degli errori ma nessuno lo ha difeso, lo hanno massacrato...”

Parliamo di due altri ex blucerchiati tuoi vicini di casa, Grandoni (allenatore del Savona) e Carparelli (che ancora gioca nel Soccer Borghetto in Prima Categoria):

“Con Marco abbiamo giocato da ragazzini, era un toro, non ho mai capito come abbia fatto a innamorarsi del Genoa. Pensavo potesse diventare un leader della Samp, e invece... Con Alessandro ho giocato in Under 21, eravamo in camera insieme, è un ternano simpatico ed è stato un grande giocatore. Erano gli anni del boom di Nesta e Totti...”


Chiudiamo con l'attuale Sampdoria, squadra e società:

“La Samp oggi ha una identità tecnica ben precisa, con Giampaolo la squadra ha un gioco, affronta tutti alla pari, fa la partita con tutti. Organizzativamente le strutture sono migliorate, il centro sportivo in costruzione è una grande risorsa. Certo l'Europa una volta era a portata di mano, oggi è solo un sogno, ma ci si può arrivare. Ferrero? Ognuno ha il suo modo di fare il presidente, certo io sono affezionato a Mantovani e al suo stile... Ferrero forse ha qualche uscita poco felice ma non si può dire che non stia facendo bene. Poi teniamo conto di una cosa, il tifoso sampdoriano è accecato dai colori di questa maglia. Ma è anche vero che Mantovani ha scritto una storia impossibile da riscrivere...”

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