Augusto “Gugu” Podestà, nato il 31 luglio 1970, ex giocatore dilettante di buon livello, già allenatore e recentemente osservatore per piazze importanti del calcio ligure quali Genoa e Spezia, è il nuovo allenatore della Rivarolese Impero, come avevamo avuto occasione di anticipare pochi giorni fa sul nostro sito.
Andiamo alla scoperta del personaggio, sicuramente non banale, con un retroterra calcistico ed esperienze tali da renderlo sicuramente significativo nel panorama ligure.
“Da giocatore – racconta- ho vestito le maglie di Entella, Cavese, Juve Domo, Vercelli, Voghera, Bagheria, ancora Entella, Lavagnese, Rivasamba, Caperanese, Lames, Leivi, Deiva e Cicagna. Nel 2003/2004 ho iniziato i primi passi informali da allenatore nel settore giovanile dell’Entella, poi ebbi il primo vero incarico alla Lavagnese, come coordinatore tecnico settore giovanile. Lì conobbi quello che sarebbe stato il mio punto di riferimento futuro, ovvero Costanzo Celestini, con cui lavorai tre anni consecutivi a Lavagna, Sestri Levante e Chiavari con l’Entella. Poi passai al Genoa, prima nello staff tecnico della Primavera poi come osservatore per prima squadra e Primavera. Questo nuovo incarico mi portò via dal campo, e tornando indietro oggi forse deciderei di restarci, sul campo. Da lì passai a fare l’osservatore allo Spezia, mentre nella stagione 14/15 ho fatto il consulente per un’agenzia di procuratori”.
Oggi invece è il momento del grande ritorno sul terreno di gioco, per la prima volta allenatore di una prima squadra di “grandi” in Promozione alla Rivarolese.
“L’occasione giusta per tornare sul campo- racconta Podestà- mi ha cercato la Rivarolese, che cercava un profilo di allenatore un po’ diverso, un po’ nuovo, e mi ha fatto una proposta davvero interessante. La squadra nasce dalla fusione di due società di Promozione, attraversa quindi un momento di assestamento, la dirigenza non fa voli pindarici, non si lascia andare a proclami, sta facendo i passi secondo la gamba, preferisce camminare piuttosto che correre e inciampare. Dopo che i dirigenti decideranno che tipo di campionato fare, sono sicuro che si organizzeranno di conseguenza”.
Come sei rientrato in questo tipo di calcio? Insomma, ti sei proposto tu o ti hanno cercato?
“E’ un po’ come chiedere se è nato prima l’uovo o la gallina… Io non ho cercato nessuno, loro mi hanno cercato nel momento in cui io volevo essere trovato, forse due mesi fa questa proposta mi avrebbe lasciato perplesso, oggi invece no, sono convinto che nulla viene per caso, le coincidenze hanno portato a questo incontro”.
Non nascondi la tua grande voglia di tornare in campo:
“La Rivarolese è una delle società più prestigiose del panorama calcistico genovese, nella mia vita faccio primariamente calcio una decina d’anni e avevo proprio voglia di tornare sul campo, ho grande entusiasmo. Mi pongo come un bambino di fronte a un giocattolo nuovo, non ne facevo questioni di categoria, ho avuto anche un abboccamento con una squadra di Serie D dove correvo il rischio di durare poco, ho dato priorità al progetto piuttosto che alla categoria, fra una Serie D approssimativa e una Promozione organizzata ho scelto la seconda. In Promozione mi calo in una realtà dove ci si allenerà la sera, con ragazzi che lavorano e studiano… Il Torbella per me sarà come il Nou Camp, non lo vedo certo come un ripiego”.
Chi conosci fra i giocatori che andrai ad allenare?
“Sicuramente Sighieri e Ustulin che hanno avuto parentesi in categorie superiori, poi ho apprezzato giovani come Castro, Maralino, giocatori esperti come Orero, Salvetti, che ho osservato guardando qualche partita della Rivarolese. Ho visto valori importanti, il sesto posto è un piazzamento di assoluto valore”.
Che obiettivi ti poni?
“Per citare un motto conosciuto, la vittoria ti insegna poco, la sconfitta ti fa riflettere e ti fa pensare che l’unica cosa che conta è vincere, Una volta stabilita la direzione, la vittoria sarà raggiungere quell’obiettivo… dipende dalla linea che verrà presa dalla società”.
In Promozione tu giocasti tanti anni fa, a fine anni 80 e anni 90, che differenze ci sono con quel periodo?
“Il campionato di Promozione l’ho giocato tanti anni fa, nell’89/90 era una Promozione “drogata”, giocavo in una Cavese piena di giocatori competitivi, poi nei primi anni 2000 la rigiocai con la Caperanese di Zizzi Stagnaro. In campo si va sempre 11 contro 11, si gioca 90 minuti, con un pallone in mezzo al campo. Oggi sicuramente c’è maggior conoscenza delle dinamiche di gioco da parte degli allenatori. Una squadra deve aver la capacità di tramutare in pochi istanti una filosofia di gioco in un’azione effettiva: li sta la forza di una squadra…”
Augusto Podestà chiude poi l’intervista con una convinzione:
“C’è un dato di fatto oggettivo, il calcio in Liguria è cambiato concettualmente a inizio degli anni 2000 con una persona che ha rivoluzionato tutto, anche se subito venne visto come un Messia, un pazzo o un visionario. Come Helenio Herrera ha cambiato il calcio in Italia, Costanzo Celestini ha cambiato il calcio in Liguria, grazie alla sua filosofia, all’idea di gioco, alla metodologia di lavoro: per seguire i suoi metodi c’era più gente agli allenamenti che alle partite…”