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Calcio | 02 dicembre 2020, 00:23

LA MIA AVVENTURA A SETTIMANA SPORT Il ricordo di Federico Pastore

LA MIA AVVENTURA A SETTIMANA SPORT Il ricordo di Federico Pastore

IL VIAGGIO DENTRO LA STORIA DI SETTIMANA SPORT PROSEGUE CON IL RICORDO DI FEDERICO PASTORE.

Cari tutti,

questa è una storia del secolo (hai detto Secolo? Ah, sì: auguri per il Mille!) scorso. Ricordo il febbraio del 1999, io poco e male orientato, vestito sicuramente peggio, capelli raccolti in un codino improbabile (So Nineties…) e dentro incoscientemente presuntuoso come i ragazzi spesso sono, varcavo il portone di Via Galata 33. Destinazione il primo articolo da scriversi, per questa testata a me ignota. Però rosa: Settimana Sport. All’epoca, l’Arveda – è da imputare a lui la responsabilità del mio avvento al giornale – me la descrisse come la Gazzetta dello Sport. In realtà, era qualcosa di simile ad un periodico rionale. A me comunque, sembrava il New York Times. Avevo 17 anni. Quello che mi gasò di più, oltre al colore, appena entrato in redazione, furono i pacchi delle copie invendute – erano molte. Dopo fu un’altra storia… – ed il meraviglioso profumo delle stampe fresche di tipografia. Mi dispiaceva perfino stropicciarlo, nonostante ricordassi bene l’utilizzo che ne faceva mia nonna in casa. Un poco già gli volevo bene. Il guaio era che in quel giornale non si parlava di calcio. E io ero lì per scrivere di calcio. E non si parlava di calcio… E lo credo bene! Il fondatorsognatore Sergio Brunetti, che qui rievoco con affetto e simpatia, Settimana Sport l’aveva ideata per NON parlare di calcio! Tuttavia - e abbastanza presto -, i libri contabili e la crescente spinta di giovani calciofili, imposero una rivoluzione. Finì che andammo forte, tutti insieme, negli anni successivi a quel primo articolo che scrissi in subaffittata sede, salvai su un floppy e consegnai poi a mano per l’impaginazione. Ce l’ho ancora presente, sì: fu Il Punto di Prima C. E sì, ora lo posso ammettere: avevo una paura fottuta di chiamare gli allenatori al telefono. Anche questa è bella: mi viene in mente quando dettavo i pezzi ai dimafoni per la collaborazione che avevamo con Il (fu) Lavoro dalle cabine telefoniche, dopo le partite. Io assistevo all’incontro, scrivevo il pezzo su carta e poi mi fermavo col mio Zip ad una cabina per dettarlo a voce. Per me era un momento importantissimo; dall’altra parte, un impiegato svogliato e con la voce rotta da mille sigarette mi concedeva due-tre minuti. E se sbagliavo a dettare, si incazzava. Svogliatamente, svogliatissimamente. In tutti i casi, ti metteva giù senza nemmeno salutarti. Raccontarlo oggi, con tutta questa tecnologia a disposizione, le video call live e il resto, mi dà particolare gusto. E mi fa sorridere. E’ una storia del secolo scorso anche per l’emozione che provai la prima volta che acquistai Settimana Sport in edicola, per leggere il mio articolo. Fu l’unica volta che lo comprai, poi lo ritenni inutile. Ma quella fu bellissima. Vidi molte partite, moltissime altre le raccontai dalla redazione, entrai a far parte di un gruppo di ragazzi entusiasti e con una grandissima voglia di fare. Era davvero una squadra. Si lavorava tanto, ci si divertiva tantissimo. Una delle cose che mi vengono in mente ora e che mi fa specie è che nessuno di noi aveva fatto scuole specifiche. Non è che se tu avevi un master, un titolo, un’istruzione particolare ti prendevano. No, entrava chi aveva voglia e capacità. Il resto, lo si imparava sul campo. Te lo dovevi guadagnare. Grande scuola. Molte volte è stata dura, ricordo sabati e domeniche infiniti, ma infiniti non è buttato lì a caso. Ben sapete. Però ricordo le pizze ordinate alle 22 – all’Arveda rammento Seme Felino -, le nottate con i colleghi e le lunghe giornate trascorse in quella che forse oggi definirebbero pre-produzione, o una cosa del genere. Specialmente: l’architrave, la bussola, la pietra angolare, il tarocco magico. Il file salvato sul server della Banca Centrale d’Italia… Il totaltelefoni! Quanto mi fece penare! Ma che strumento ragazzi… Nessuno lo aveva come noi. Poi… Beh, poi le cose cambiano, le persone scelgono strade… L’editoria cambia… E’ così… A me resta l’orgoglio di aver fatto parte di una squadra che ha portato tutta la Genova dilettantistica a comprare Settimana Sport al martedì. Da uno spaziucolo in un ufficio del centro, racimolato la domenica, ad una redazione tutta nostra e ad un pubblico di lettori conquistato gol dopo gol. Sono stati anni belli. Le menzioni. Luca e Paolo, per avermi dato fiducia quando non avevo nemmeno la barba. Simone Arveda, per distacco il miglior professionista con cui abbia lavorato ed amico caro da vent’anni. Francesco Casuscelli, con cui abbiamo diviso ogni singolo momento in redazione. Senza dubbio la persona con la quale ho stabilito il legame più profondo. Un grandissimo. Andrea Luicani, che non vedo da 15 anni forse, ma che ho sempre nel cuore. E lo Zulfione Banchero, alias Toro Loco. Storia del secolo scorso finita. Mille di questi Secolo!

f.past.

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