La Virtus Sanremese Calcio, preso atto di quanto riportato questa mattina dalla testata giornalistica “La Voce di Imperia”, esprime il proprio disappunto da quanto riportato sicuri, che se la situazione riportata corrisponde a verità, la Federazione e il settore Giovanile Scolastico intervenga direttamente. A tale proposito il nostro Responsabile del Settore Giovanile Gianni Brancatisano ha rilasciato questa dichiarazione:
“Leggo la notizia dal giornale online La Voce di Imperia e, visto che è da quando ho 8 anni che sono sui campi da calcio e sono da anni vicino a giovani atleti e bambini, mi viene spontanea una riflessione a prescindere dalle persone e dalle società sportive coinvolte (e mi scuso in anticipo se ci sarà un po’ da leggere).
Questo episodio, se confermato, solleva questioni di grande rilevanza etica e formativa nel contesto del calcio giovanile, richiedendo una severa riflessione critica su entrambi i soggetti coinvolti: i dirigenti delle società e la Federazione.
L'azione di riunirsi informalmente per dissuadere le proprie squadre di leva 2014 e 2015 dal giocare contro il San Bartolomeo Cervo, motivata dalla presunta "troppa competitività" dell'avversario, è un comportamento profondamente anti-educativo e contrario ai principi dello sport di base.
Il Settore Giovanile, e soprattutto a queste età, Primi Calci, Pulcini ed Esordienti, dovrebbe focalizzarsi sullo sviluppo psico-motorio, sul divertimento e sull'apprendimento tecnico, non sull’ossessiva ricerca del risultato o sull'isolamento di squadre “troppo forti”. Dissuadere i bambini dal confrontarsi con avversari più preparati significa privarli di una preziosa esperienza di crescita.
Questa mossa tradisce una mentalità basata sulla paura del fallimento (o della sconfitta netta) e a mio avviso sull'invidia per il lavoro ben fatto (la preparazione costante e appassionata) di un'altra società. Invece di prendere tale società sportiva come modello o stimolo per migliorare il proprio lavoro, si preferisce la strategia di evitare, che nel lungo periodo penalizza solo i propri tesserati.
Il messaggio che arriva ai giovani atleti è devastante: "Se un compito è difficile o rischi di perdere, evitalo". Questo è l'esatto opposto di ciò che lo sport dovrebbe insegnare: resilienza, spirito di sacrificio e accettazione della sconfitta come parte del percorso di miglioramento.
L'atto informale, benché non formalmente sanzionabile se non prova un boicottaggio organizzato, è una chiara mancanza di lealtà e correttezza sportiva verso il San Bartolomeo Cervo, mettendolo in una posizione di isolamento immeritato.
La Federazione, in particolare il Settore Giovanile e Scolastico (S.G.S.), ha l'obbligo di vigilare e garantire che l'attività di base si svolga secondo i principi stabiliti, che mettono al centro la crescita del bambino.
Se questi comportamenti (che mirano a boicottare un'altra società per ragioni competitive) si verificano e non vengono in alcun modo affrontati o puniti, la Federazione dimostra una grave carenza nel suo ruolo di controllo e garanzia.
La FIGC ha linee guida (come le Politiche di Safeguarding e il Codice Etico) che promuovono i valori dello sport e condannano comportamenti non etici o discriminatori. L'azione dei dirigenti, basata sulla “discriminazione” del merito altrui, ricade chiaramente in una sfera di condotta non conforme ai principi di lealtà e correttezza.
In casi come questo, quando viene a conoscenza di riunioni o accordi volti a danneggiare altre società in modo antisportivo (soprattutto nel contesto delicato dei bambini), la Federazione dovrebbe aprire un'indagine formale. Una eventuale sanzione, anche solo un richiamo ufficiale o un'ammenda, avrebbe un valore esemplare e deterrente contro la dilagante cultura dell'eccessiva competizione e della "furbizia" nel calcio giovanile.
L'episodio rappresenta un fallimento educativo congiunto: da un lato, dirigenti che mettono il proprio interesse (o la paura di fare brutta figura) davanti alla crescita dei bambini; dall’altro, una Federazione che, pur avendo gli strumenti normativi per intervenire (come i principi di lealtà e correttezza e il Regolamento per la prevenzione e il contrasto di abusi, violenze e discriminazioni che condanna anche l'abuso psicologico e il bullismo, inteso qui come ostracismo), sembra non esercitare la necessaria vigilanza e l'autorità per stroncare sul nascere derive così distorte e negative per il futuro sportivo dei più piccoli.
L'elogio e l'imitazione del merito dovrebbero sostituire l'invidia e l'isolamento, e la Federazione deve agire come baluardo dei valori sportivi, non come osservatore passivo.
Mi piacerebbe sapere se l'episodio avrà seguito a livello di provvedimenti federali.
Gianni Brancatisano












