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Serie D | 20 novembre 2019, 13:55

IL PERSONAGGIO Nicola Ascoli, la Sanremese come rampa di lancio per i Prof

"Se dicessi che non voglio migliorarmi direi una bugia, questa è la squadra più forte che ho allenato, ma emergere come tecnico in Italia è difficile. Il nostro girone di Serie D è molto livellato, verso l'alto, ma noi vogliamo essere protagonisti, questo mi ha chiesto la società"

IL PERSONAGGIO Nicola Ascoli, la Sanremese come rampa di lancio per i Prof

Nicola Ascoli (11 settembre 1979, Vibo Valentia) nella sua carriera da giocatore ha militato in Reggina, Catanzaro, Empoli, Frosinone, Cluj, da allenatore invece ha guidato Asti, Argentina, Derthona, Sanremese. I suoi momenti più alti sono stati l'esordio in serie A e poi quello in Coppa Uefa con la maglia dell'Empoli.

Oggi allena la Sanremese, con la quale sta guidando il girone A di Serie D con 22 punti in compagnia di Prato e Caronnese.

Mister, finalmente in testa dopo una partenza “lenta”:

“Una partenza a rilento ma non dal punto di vista delle prestazioni, quelle le abbiamo sempre fatte. E' mancata purtroppo un po' di attenzione, abbiamo pagato l'inesperienza iniziale dei nostri giovani, abbiamo perso punti nel finale come a Caronno al 90' e a Lavagna al 93'. Non dimentichiamo che questa squadra è giovanissima, il più anziano è un 93, abbiamo giocatori forti ma molto giovani, e col passare delle partite stanno crescendo”.

Il girone A è quello col punteggio più basso della capolista, rispetto a tutti gli altri gironi della serie D, questo è indice di un campionato di alto o basso livello?

“22 punti sono pochi rispetto alla media degli altri gironi, ma il nostro è un campionato importante, con tante squadre forti, pieno di partite difficili, dove può succedere di tutto, in 12 partite si è visto ogni tipo di risultati. Sarebbe un girone incredibile per gli scommettitori, non ci sono certezze, tutti possono battere tutti. Il girone è sicuramente livellato verso l'alto, non c'è la squadra materasso, pensiamo al Bra che aveva 0 punti e poi ha iniziato la rimonta dopo aver battuto il Prato primo in classifica”.

Mister chi arriverà fino in fondo fra quelle che sono in testa ora?

“A inizio campionato io dicevo Lucchese, oggi dico Prato, Chieri, Casale, Caronnese, noi stessi ,,, Questo il gruppo che secondo me arriverà fino in fondo... Poi c'è la Fezzanese che non è una sorpresa perchè parte sempre bene, il Fossano, il Real Forte Querceta, che ha un giocatore come Guidi che ha fatto la B con me a Frosinone. Tutte società che hannp speso bene e hanno costruito squadre importanti”.

La società cosa ti ha chiesto?

“Di fare un campionato importante, di essere protagonisti. Io so di avere una buona squadra, competitiva, e cercherò di fare il massimo. Ma ora è presto per parlare, i campionati non si vincono a dicembre”.

Domenica arriva il Prato, partita fondamentale o no?

“Se dovessimo vincere o dovessimo perdere non sarebbe successo niente in ogni caso. E' una partita fra due squadre forti, che stanno facendo bene, ma non è una finale, entrambe cercheremo di dare continuità e dare il massimo, noi proveremo a sfruttare il fattore campo”.

Raccontaci della tua carriera. Hai giocato in Serie A a Empoli, in B a Frosinone chi sono stati gli allenatori più importanti?

“A Empoli ho avuto Somma, Cagni e Malesani, ma il tecnico che mi ha insegnato di più è stato sicuramente Pierino Braglia che ho avuto a Catanzaro e Frosinone”.

Sei nato al Sud e hai giocato tanto al Sud, il calcio laggiù è vissuto diversamente?

“Il calcio al Sud ha sicuramente più partecipazione da parte della gente, a Catanzaro avevamo 18 mila persone a vederci. La gente meridionale è malata di calcio, lì ti fanno sentire un giocatore importantissimo, a prescindere dalla categoria, la squadra di calcio della città o del paese è amata visceralmente”.

Il momento più bello della tua carriera?

“E' stato bello vincere il campionato a Catanzaro nel 2005, ma come dimenticare l'esordio in A, in Empoli-Messina, o l'esordio in Coppa Uefa con lo Zurigo. Io vengo da un paesino della Calabria, arrivare a giocare in Serie A, facendo tutta la gavetta, è stato un grande risultato”.

A fine carriera hai fatto anche un'esperienza, fugace, in Romania:

“A Cluj era iniziata bene, ma finita malissimo, per un grave infortunio ho smesso di giocare a 30 anni”.

E poi hai iniziato la carriera da dirigente, inizialmente non volevi allenare...

“Ad Asti facevo il direttore sportivo, poi dopo l'allontanamento di Venturin, il presidente mi chiese di fare l'allenatore per un breve periodo. Doveva essere solo un momento, invece è diventato il mio lavoro”.

E così dopo Asti, ecco Argentina, Derthona e ora Sanremo. Obiettivo allenare nei professionisti?

“Che domande, certo, tutti noi allenatori puntiamo ad allenare in categorie più alte. Posso dire solo che oggi a Sanremo io ho la squadra più forte che abbia mai allenato. Il mio obiettivo è crescere, certo è molto più difficile emergere come allenatore che come giocatore. Ogni anno Coverciano sforna 2 mila allenatori, e in Italia siamo troppo legati ai risultati, se vinci sei bravo se perdi sei scarso. Ho già messo in preventivo di avere anni buoni e anni meno buoni...”

Chi è il tuo modello di allenatore?

“Maurizio Sarri e Antonio Conte, sono i migliori, loro insegnano calcio. Fateci caso, ma i giocatori che passano sotto di loro migliorano sempre...”

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