Serie D - 30 settembre 2021, 15:26

L'INTERVISTA Stefano Ricci e il Ligorna: passato, presente e futuro del calcio ligure

Il diesse biancoblù a tutto tondo sul mondo del calcio: "Serve una scuola di formazione per i dirigenti, altrimenti tecnici e giocatori saranno sempre giudicati da persone poco competenti"

L'INTERVISTA Stefano Ricci e il Ligorna: passato, presente e futuro del calcio ligure

1 Stefano Ricci, cosa vuol dire oggi fare il DS della terza squadra di Genova?

“Fare il DS della terza squadra di Genova è un impegno importante. Vorremmo diventare un esempio lavorativo da seguire. Siamo moralmente obbligati a ottenere dei risultati, in primis la crescita del settore giovanile. Ci siamo prefissi con il patron Saracco di valorizzare il prodotto ligure, a parte Gomes tutti i giocatori della nostra rosa provengono dalla Liguria. Stiamo cercando di lavorare in équipe con lo staff del settore giovanile per crearci dei prodotti in casa. La Serie D deve essere un trampolino di lancio per chi non ha avuto la possibilità di fare un settore giovanile professionista. Vogliamo portare la qualità del nostro lavoro a certi livelli”.

2 Con quali ambizioni siete tornati in D?

“Non vogliamo giudicare soltanto i risultati del campo di prima squadra e settore giovanile. Il nostro è un percorso lungo di crescita societaria e come settore giovanile. Vogliamo creare un senso di appartenenza, creare un gruppo, e non smobilitare nel tempo come spesso accade dopo che si sono raggiunti dei risultati. Il nostro obiettivo è lavorare sereni senza patemi di classifica, possibilmente non rischiare niente per programmare il futuro senza assilli. Tutto quello che viene sarà guadagnato, un biglietto da visita per la nostra crescita. Da quest’anno il Ligorna avrà anche la Scuola Calcio, che dovrà diventare un nostro marchio di fabbrica”.

3 Parlaci del tuo rapporto con il patron Saracco…

“Alberto è un personaggio fuori dai tempi, come un Moratti o un Berlusconi dei tempi d’oro, o per restare a Genova un Mantovani con lo stesso entusiasmo, la stessa passione, lo stesso amore per questo sport. Noi eravamo e siamo amici anche al di fuori dal calcio, ma quando ero ancora alla Fiorentina gli feci una promessa, che se lui avesse iniziato un progetto importante a Genova nel calcio dilettantistico sarei stato al suo fianco. La nostra strada è lunga e piena di insidie, non è semplice far capire alle famiglie dove si vuole arrivare, bisogna capire che non si può ottenere tutto e subito”.

4 Mister Monteforte è forse il migliore allenatore che abbiamo oggi in Liguria, il Ligorna è ripartito da lui. Cosa pensi del suo lavoro?

“Luca è una persona dalle competenze estreme, sa di calcio come pochi, uno come lui aiuta il nostro movimento a crescere. E’ molto esigente, ha un carattere forte, non l’ho mai visto un giorno venire al campo senza quella voglia di trasmettere al 200% quello che lui ha dentro. Sta trasferendo la sua cultura del lavoro anche agli istruttori del settore giovanile, è una persona che andrebbe presa ad esempio da tutti gli addetti ai lavori”.

5 Quali sono i mali del calcio dilettantistico da curare?

“C’è troppa abitudine a guardare con invidia e acredine i lavoro o i successi del vicino di casa. Io credo che le società dovrebbero collaborare insieme, di comune accordo, con una visione comune. Noi ad esempio con il Baiardo abbiamo una grande collaborazione, e vorremmo sfatare il tabù delle sterili guerre di quartiere che non portano da nessuna parte. A Firenze ho avuto la fortuna di lavorare con Pantaleo Corvino e ho imparato tanto, ho capito cosa stavo sbagliando. Se c’è una cosa che funziona oggi in Italia è il settore tecnico di Coverciano, chi allena i 2012 e 2013 deve avere il patentino, ma una sorta di “patente” dovrebbero averla anche i dirigenti del calcio dilettantistico. Purtroppo oggi manca una cultura del sistema dirigenziale, e cosi il settore tecnico viene giudicato da persone che non hanno la competenza. Se dovessi sintetizzare quello che manca oggi al calcio italiano direi questo: chi emette giudizi tecnici sono persone che non hanno conoscenze o competenze o non hanno avuto modo di crescere, magari sono bravi ad amministrare ma di calcio ne sanno poco. Oggi nel calcio dilettantistico ligure ci sono persone valide, cito fra gli altri Poggi e Catania, gente che ha competenze e conoscenze, ma penso che sarebbero utili dei veri e propri corsi di formazione per i dirigenti affinchè tutta la classe dirigente sia attrezzata e adeguata ad eseguire il proprio lavoro”.

6 La tua esperienza nei professionisti, da giocatore prima e dirigente poi, ti è servita per lavorare nei dilettanti?

“Per me il calcio è uno solo dalla serie A alla Terza categoria, cambiano solo le dinamiche e le materie prime. Io mi porto dietro il mio vissuto con la consapevolezza che tutti i giorni imparo qualcosa. Scendo dal piedistallo e ogni mattina parto per seguire il lavoro dalla prima squadra ai 2012 con un confronto continuo con gli allenatori. Le metodologie sono le stesse nei prof e nei dilettanti, è necessaria però una costante cultura del lavoro”.

7 Nella tua carriera, quale è il colpo di cui vai più orgoglioso o il talento più puro che hai visto?

“Da un’intuizione Corvino andai a visionare Vlahovic, che oggi è uno dei top player della serie A. Bisogna essere bravi ad arrivare per primi a vedere i giocatori sconosciuti. Restando in Liguria, cito il nome di Lamin Jawo, che portai a Vado da un centro di accoglienza in Sardegna, riuscii a tirarlo fuori da un contesto sociale difficile e farlo diventare un giocatore. Ma se dovessi fare un nome su tutti, che per me è una vera e propria croce e delizia, per cui ho il dispiacere che non abbia fatto una carriera professionistica, dico quello di Edo Capra. Mi sarebbe piaciuto vederlo in B nell’Entella, ha doti fisiche e di talento che non hanno limiti, potrebbe giocare in qualsiasi categoria”.

8 Parliamo della Serie D. Oggi è una categoria ibrida, né carne né pesce, sulla carta dilettantistica ma in realtà molto vicina al professionismo.

“La D è una categoria molto più professionistica e professionale della C, che oggi è un vero e proprio cimitero degli elefanti. In D c’è molta volontà di lavorare sui giovani, ci sono anche allenatori giovani con una cultura diversa e il coraggio delle proprie idee. Luca Monteforte è il numero 1, ma non dimentichiamo Fasano, Cammaroto e Andreoletti, tecnici capaci, propositivi, adatti a far crescere i giovani. Oggi la Serie C invece è una categoria su cui intervenire”.

9 Cosa c’è nel futuro di Stefano Ricci?

“Ho tre bambini piccoli, ormai ho fatto una scelta di vita ponderata, passo giornate intere insieme con il mio presidente. Il mio presente è al Ligorna, spero di crescere e arricchirmi qui. Dico sempre ad Alberto che tra qualche anno potremo tentare un salto verso l’alto, quando avremo completato un iter che ci porterà a ridurre i costi e alzare l’asticella. Ho ricevuto qualche chiamata, ma la parola data ad Alberto, l’amicizia che mi lega a lui, il clima che si respira al Ligorna sono cose che mi rendono strafelice”.

10 E nel futuro del Ligorna? Se diciamo Serie C?

“Prossimamente la Serie C può non essere un’utopia, se l’entusiasmo del presidente sarà accompagnato dalla crescita delle strutture e degli impianti, vero tallone d’Achille del calcio in Liguria e della crescita del settore giovanile. Oggi parlare di C sarebbe come fare un salto nel buio, tra 3 anni sarà un argomento che si potrà affrontare con più serenità”.

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