Calcio - 24 ottobre 2023, 08:47

CALCIO INTERNAZIONALE Cosa possiamo imparare dalla sconfitta dell’Italia a Wembley

CALCIO INTERNAZIONALE Cosa possiamo imparare dalla sconfitta dell’Italia a Wembley

 

La sconfitta dell’Italia contro l’Inghilterra in quel di Wembley del 17 Ottobre è senza dubbio un evento che ricorderemo durante il corso dei prossimi anni, anche soltanto per una questione di possibilità di apprendimento.

Da una parte c’è l’Italia, una squadra in costruzione che nonostante l’Europeo vinto qualche anno fa, ancora fatica a farsi strada negli universi più competitivi, dall’altra invece l’Inghilterra: una squadra con un campionato tra i più ricchi del mondo e con di certo quello più competitivo, basta dare un’occhiata alle quote calcio per rendersene conto.

Una partita tristemente a senso unico

 

Di cose belle anche dal lato nazionale ce ne sono state: nonostante l’avversario temibile l’Italia è riuscita a recuperare diversi palloni anche nelle fasce più alte del campo di gioco, al netto del successo effettivo di queste azioni che ha sottolineato come manchi un po’ di abilità nella gestione del pallone in alcune situazioni specifiche. Nonostante questo, inutile non sottolineare quanto sia importante riuscire a recuperare palla mentre il proprio avversario costruisce il suo gioco, il tutto saltando del tutto la pressione nemico.

 

Il problema è che, questo, non basta: la questione finisce per pesare direttamente sui giocatori. L’Inghilterra è una squadra capace di grande intensità e questo viene giusto parzialmente arginato dalla combinazione di tattica e gioco corale; durante la partita tra Italia e Inghilterra a rivelarsi palese è stata la mancanza di controllo nel pallone, specie nei passaggi, e una certa reticenza nell’affrontare i dribbling.

 

È difficile parlare di azioni belle da un punto di vista individuale proprio perché il grosso delle cose belle della partita, specie quelle che hanno portato al singolo gol della squadra nazionale, si deve a un gioco corale che va oltre le qualità individuali.

Qual è la ricetta del successo?

 

Parliamo di un’Italia che è stata capace di gestire una squadra dalle mire internazionali (come è stata definita dall’allenatore Spalletti) nonostante venga da forse uno dei periodi più complicati del nuovo millennio, con un’atmosfera pessima che si propaga in tutta la serie A tra questo o quell’altro scandalo e due coppe del mondo, purtroppo per tutti noi, guardate direttamente sul televisore invece che giocate alle scommesse sportive per le posizioni rispettabili.

 

All’Italia manca un Jude Bellingham, ad esempio: un giocatore che è esploso a 16 anni e che presenta una rara miscela di talento che è stato accuratamente selezionato e formato dal sottobosco di squadre che abita la perfida Albione come si è soliti chiamarla. Bellingham, lo stesso definito da Ancelotti come uno che ha qualità ed è fortunato, anche quando si gioca nell’regno delle cose difficili da dimostrare è stato decisivo per l’Inghilterra in quel di Wembley, sbloccando diverse azioni e dando una nuova linfa vitale al gioco degli inglesi con dei passaggi precisi, un grande controllo palla e una forza d’animo indomabile.

 

Ci vorrebbero più Bellingham in Italia, forse, ma ci vogliono sicuramente più fondamentali e anche una capacità di sottolineare le caratteristiche positive dei giocatori di una squadra forte ma ancora incapace di brillare. Restano ancora due partite per chiudere il ciclo di partite di qualifica dell’Italia agli Europei, contro la Macedonia del Nord e contro l’Ucraina, ma difficile pensare che siano occasioni adatte a vedere degli smottamenti di senso all’interno della squadra. Il rischio che

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