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Promozione | 09 aprile 2019, 16:25

AMARCORD Sergio Federici e il Serra Riccò degli anni 90

A tu per tu con un grande presidente di un calcio antico, quello dei campi in terra battuta, quello dei Bottari, Canu e Mazzucchelli: "Pelizzoli e i fratelli Parodi stanno continuando il cammino che avevo tracciato io, ma oggi faccio il semplice nonno-tifoso e seguo mio nipote Alberto alla Sestrese"

AMARCORD Sergio Federici e il Serra Riccò degli anni 90

Sergio Federici oggi ha 76 anni. Conosciuto a Serra Riccò e non solo per il suo mobilificio, è stato presidente della squadra di calcio del paese per 15 anni dal 1990 al 2005.

Oggi sulla carta è ancora vicepresidente, in realtà si è un po' defilato e fa soprattutto il nonno-tifoso, seguendo suo nipote Alberto (1999) che gioca nella Sestrese.

“Sono rimasto amico di tutti al Serra Riccò -racconta- ma ora mi sto dedicando a tempo pieno ad Alberto. Mi interessa sempre sapere il risultato del Serra, ma diciamo che seguo un po' più da vicino la Sestrese”.

Al Serra la sua presidenza è durata 15 anni (1990-2005):

“Eravamo partiti dalla Seconda, poi siamo saliti in Prima, siamo arrivati in Promozione, poi siamo tornati in Prima. Sono stati anni bellissimi, mi sono distaccato soltanto quando c'è stata la fusione col Mignanego. Marco e Giancarlo Parodi e Cesare Pelizzoli erano già con me nella mia dirigenza, poi hanno proseguito da soli sul cammino da me tracciato e li seguo ancora con affetto”.


Il nome di Federici ricorda a chi vi scrive un episodio del 1998. Il sottoscritto era ai primi passi da direttore di questo giornale (allora su carta rosa nelle edicole), mentre Federici era da qualche anno presidente del Serra. Verso la fine di quella stagione Federici esonerò Pino Bellebuono dalla guida tecnica, e il sottoscritto criticò aspramente la scelta del presidente:

“Ricordo bene quell'episodio, e ricordo che voi di Settimana Sport mi criticaste ferocemente. Fui costretto dalle circostanze ad esonerare Bellebuono, nonostante i bei risultati ottenuti l'anno precedente, ma non ne potevo fare a meno. Marco Parodi, che è come un fratello per me, non era d'accordo, Marco si innamora delle persone, ma anche io sono un buono e non crediate che non mi sia costato prendere quella decisione”.


Acqua passata, Presidente, ormai pace fatta... Ma cosa è stato per lei il Serra Riccò?

“Un ambiente stupendo, un'isola felice, un'occasione per stringere grandi amicizie. Il Serra Riccò la consideravo una mia creatura, la sentivo mia, ho provato grandi emozioni, ci ho messo passione, non perdevo un allenamento né una partita”.

Il momento più bello della sua gestione?

“La vittoria a Borzoli, nello spareggio per salire in Promozione, in un indimenticabile Serra Riccò-Mignanego. Dominammo tutto il campionato, ma nel finale ci mangiammo tutti i punti di vantaggio, e arrivammo a pari punti. Lo spareggio fu emozionante, perdevamo 1-0, pareggiammo all'ultimo minuto con un colpo di testa di Masnata, poi vincemmo ai supplementari e io impazzii dalla gioia”.

Quali allenatori ricorda?

“Il già citato Bellebuono, il grande Tanganelli, e poi Spissu che ho avuto come giocatore e come allenatore”.

I giocatori che ricorda con maggior affetto della sua gestione?

“Bottari è stato il migliore in senso assoluto, e poi Canu e Mazzucchelli, Simone Guardiano grande portiere e grande amico, Fabrizio Cao, Cassinelli una bandiera, Boccia Delfino, Rizzitano”.

Adesso mi diceva che fa il nonno/tifoso...

“Seguo da vicino mio nipote Alberto Federici, un 1999, che ritengo un po' la mia “invenzione” calcistica. Farà vent'anni a novembre, per me è molto bravo, gioca da centrocampista. Non gli manca niente, avesse avuto gli allenatori giusti in passato avrebbe fatto ancora meglio. La Sestrese è una bella società, con persone eccezionali, Alberto si trova molto bene”.

Non le torna la voglia di fare ancora il presidente?

“La voglia di seguire il calcio non manca, io sono e sono stato uno ambizioso e lo dimostra quello che ho fatto con i mobili, ma oggi come oggi mi sento di fare solo il tifoso”.

Quali differenza fra il suo calcio degli anni '90 e il calcio di oggi?

“A parte i campi in erba sintetica, che allora erano un sogno, oggi il gioco è più veloce, si corre di più e c'è meno qualità, giocatori come Bottari non ce ne sono più”.

E poi forse c'erano più soldi, o sbaglio?

“Certi giocatori costavano fior di milioni, con procuratori che non ti davano i giocatori fino a poche ore dalla chiusura del mercato sono gli davi i contanti in mano...”

I suoi più grandi colpi?

“Bottari e Canu, che si muovevano in coppia, e Mazzucchelli”.

Qualche rimpianto per la sua gestione?

“Sono stati bei tempi, nessun rimpianto, pensare all'Eccellenza allora era utopistico, non potevamo fare di più”.

E ora, qual è secondo lei la dimensione del Serra Riccò?

“Approvo la loro politica dei giovani, noto con piacere che quelli della leva 99 sono tutti in prima squadra, cosi come i 2000 e i 2001, in pochi lo fanno, e credo che sai l'unico modo per resistere a certi livelli”.

Ventun'anni dopo, pace fatta con Sergio Federici.


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